La Commedia dell’Arte si fonda sull’improvvisazione.

A differenza di quanto si possa pensare ai fini di una corretta e riuscita improvvisazione è necessaria all’interprete una profonda conoscenza dell’arte recitativa. Lo stesso riguarda ovviamente cantanti, musicisti, circensi e gli altri professionisti delle arti dello spettacolo che, nelle rispettive discipline, potenzialmente possono allontanarsi dal programma prefissato. L’attore che improvvisa in scena, nel caso del teatro, o sul set, nel caso del cinema, agisce sempre all’interno di uno schema che deve essere noto a tutti coloro che interagiscono con lui.

Com’è noto, questa tradizione è costituita da un insieme di modelli che cominciarono ad essere elaborati dai comici nella seconda metà del Cinquecento. In seguito, nel Seicento, la commedia dell’arte conobbe la propria affermazione e nel 1750 Carlo Goldoni le riconobbe il nome che porta oggi. I personaggi di questa importante forma di teatro erano le maschere che improvvisavano basandosi su canovacci. Tra queste maschere, le più note, forse, sono tuttora quelle dei servitori, anche conosciuti come zanni, tra i quali compaiono Arlecchino e Brighella. In particolare, nei momenti di passaggio dello spettacolo, i lazzi, questi personaggi si lanciavano in straordinarie interpretazioni canore, mimiche e improvvisative.

Nel Novecento questa tradizione fu ripresa esplicitamente, tra gli altri, da Dario Fo e Franca Rame che avevano fatto dell’improvvisazione una caratteristica peculiare del loro teatro, fin dagli esordi.

A Cagliari i corsi sulla Commedia dell’Arte li ha tenuti spesso Massimo Zordan e la Compagnia Teatrale Permanente Čajka

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